La Festa… c’era una volta

nicola_ascione_bozzetto_altare_1915La Festa… c’era una volta. Questo il titolo della serata a tema e della mostra che si terranno presso il Centro d’Arte Mediterranea rispettivamente Venerdì 10 Giugno alle ore 20.00 e Sabato 11 Giugno a partire dalle 19.00.

Una festa rimossa nell’indifferenza del silenzio: uno strappo che dura ormai da otto anni. Non è una polemica.

È un’amara constatazione.

Non “è cosa ‘e niente”, perché una Festa tradizionale, arcaica, è l’espressione più alta dell’anima di un popolo; è la cifra della sua capacità di elevarsi al di sopra della quotidianità; è il vissuto collettivo che si fa gioioso incontro. La mostra, dedicata alla “Festa dei Quattro Altari” vuole essere una reminiscenza tangibile e documentata dell’arco evolutivo di una celebrazione antichissima che ha visto nella sua storia intrecciarsi motivazioni religiose e civili, mantenendo un radicamento profondo nell’anima e nell’immaginario popolare, che vedeva magnificamente rappresentati in altari, tappeti e luminarie il proprio estro artistico.

La propria eccezionalità di gente operosa e creativa, il proprio splendore colto e raffinato trasporto in ardite costruzioni trionfali. È un viaggio tra protagonisti, amministratori e maestranze che hanno operato per realizzare, con intenti grandiosi, apparati scenici di potente e prepotente bellezza, richiamando maree di turisti e di intellettuali, ammirati spettatori dell’intelligente e dinamica creatività di una intera cittadinanza.

Cosa è accaduto poi?

Un declino, forse inevitabile, dovuto anche ad un generale atteggiamento intellettuale, o pseudo tale, che ha riguardato con sufficienza e malcelato fastidio le manifestazioni folkloristiche, che in molti casi, a partire dagli anni ’70, vennero considerati sottoprodotti culturali.

Un abbaglio, forse inconsapevole, ma dagli esiti devastanti, avendo determinato il declino e spesso la soppressione di importanti feste popolari. È necessaria una revisione che non abbia solo fondamento storico, ma anche etico, antropologico e civile. Riappropriamoci della nostra memoria. Forse non sarà più possibile riaccendere i fasti di questa gloriosa festa, così come era concepita in passato. Non è semplice il recupero di una tradizione, prima emarginata e poi soppressa, senza ripensarla in una cornice di modernità. Anzi, è certo auspicabile tale cornice. Ma il quadro deve possedere i valori iconografici di un tempo. Riapriamo un dibattito, che non divenga sterile dialettica. Vogliamo un sontuoso e colossale risveglio, soprattutto per i nostri giovani, troppo spesso immemori della storia cittadina e per i quali Altari di Fabbrica, tappeti di segatura e favolose luminarie, Nicola Ascione, Enrico Taverna e Raffaele Raimondo sono nomi vuoti, privi di consistenza reale. Eppure sono esistiti.

I commenti sono chiusi.